FILM EUFORIA 2018


ATTIVITÀ EXTRASCOLASTICA DI MEDIAZIONE:
ANDIAMO AL FESTIVAL DI CINEMA EUROPEO
FILM EUFORIA (2018)
DATA: MARTEDÌ, 13 NOVEMBRE
LUOGO: CENTRO COMMERCIALE NERVIÓN PLAZA
APPUNTAMENTO:  ALLE ORE 10.30  (PARCO GIOCHI VICINO AL MC DONALD’S)
FILM: EUFORIA, SALA 10 (CINEMA NERVIÓN) DURATA 115 M.
GENERE: DRAMMATICO
ORARIO: DALLE ORE 11.00 ALLE 13.00
LINGUA:  ITALIANO CON SOTTOTITOLI IN SPAGNOLO
INSEGNANTE RESPONSABILE: BETTA MONTERO / EOI SIVIGLIA MACARENA

IL LESSICO DEL CINEMA
FILM / LUNGOMETRAGGIO / CORTOMETRAGGIO

REGISTA
VALERIA GOLINO
ATTORE / ATTRICE / PERSONAGGI / IL RUOLO DEI PERSONAGGI
SCAMARCIO
MASTANDREA
LA PELLICOLA: Il materiale sensibile usato per le riprese fotografiche o cinematografiche
CINEMA / ANDARE AL CINEMA

GUARDARE: Soffermare, volgere lo sguardo su qcs. o su qcn
 VEDERE: Percepire con gli occhi, cogliere con la facoltà della vista.
IL BIGLIETTO/ I BIGLIETTI:

IL BOTTEGHINO: La biglietteria di un locale pubblico di spettacoli.
IL LIETO FINE
LA TRAMA: Sintesi dello svolgimento di un’opera narrativa, teatrale, cinematografica.
IL COPIONE
LA SINOSSI / LA RECENSIONE

IL CARTELLONE: Il grande manifesto che annuncia uno spettacolo teatrale o cinematografico 
PRENOTARE I BIGLIETTI

IL POSTO NUMERATO /  I POSTI NUMERATI/ LA POLTRONA DI PLATEA/ LE POLTRONE DI PLATEA

LA COLONNA SONORA

L’EFFETTO SPECIALE / GLI EFFETTI SPECIALI

IL DOPPIAGGIO DEI PERSONAGGI

IL SOTTOTITOLO/ I SOTTOTITOLI IN ITALIANO

MACCHINA DA PRESA/ CINEPRESA/VIDEOCAMERA
La macchina da presa è quella che si usa per girare i film nell'ambiente cinematografico.
La cinepresa era quello strumento che si usava per fare i filmini amatoriali qualche decennio fa.
La telecamera è quella che si usa negli studi televisivi.
Attualmente nelle famiglie italiane si usa la videocamera.

L’INQUADRATURA (si possono distinguere PIANI /CAMPI)
IL VINCITORE DEGLI OSCAR / I VINCITORI DEGLI OSCAR

IL MIGLIOR FILM STRANIERO


RECENSIONE COMPLETA
Euforia è la storia di due fratelli. Di un nuovo incontro, dopo che la vita li obbliga a riavvicinarsi a causa di una situazione difficile.
Uno è Matteo (Riccardo Scamarcio), giovane imprenditore di successo, affascinante, dinamico e spregiudicato. L’altro, il maggiore, è Ettore, (Valerio Mastandrea), rimasto nella natia Nepi, ad insegnare nelle scuole medie. Un uomo cauto, che per non sbagliare ha sempre preferito rimanere un passo indietro, nell’ombra.
Valeria Golino, alla sua opera seconda dopo Miele (anche stavolta ospitata in Un Certain Regard al Festival di Cannes), scrive – insieme a Francesca Marciano, Valia Santella, con la collaborazione di Walter Siti – e dirige un film narrativamente meno estremo del precedente, ma nuovamente coerente per quello che riguarda eleganza e linguaggio cinematografico.
C’è ancora una volta la morte all’orizzonte, ma quello su cui si concentra l’attrice/regista napoletana è il nuovo modo di concepire la fratellanza tra due persone fino a quel momento divise per formazione e carattere, costrette dalla vita e dalle inclinazioni ad allontanarsi e nuovamente costrette dalla vita a ricalibrare il loro legame.

Non c’è mai lo scadimento nel banale, le poche scene madri presenti nel film riescono a mantenersi credibili anche grazie alla straordinaria prova dei due protagonisti, con Scamarcio davvero sorprendente (ed è ormai una crescita che possiamo considerare definitiva, pensando anche al doppio Loro di Paolo Sorrentino) e Mastandrea compassato al punto da rendere quell’incertezza della malattia così autentica, e dolorosa.
Ma non è “semplicemente” un film doloroso, questo della Golino. E a ricordarcelo non è solamente il bellissimo (e programmatico) titolo: l’Euforia è anche nella riscoperta delle piccole cose, nel riappropriarsi di un vecchio balletto infantile che faceva il verso a Stanlio e Ollio, o nel poter rivedere, magari solo per un breve pomeriggio, la giovane donna (Jasmine Trinca, meravigliosa anche in quelle sole tre pose) di cui ti sei perdutamente innamorato ma che le “cose della vita” ti hanno suggerito di lasciare indietro.
E francamente sentiamo sia doveroso anche dimenticare quel superfluo che qui e là rischia di appesantire il flusso emotivo del racconto, perché alla fine, quello che resta davvero, è tutto in quel commovente abbraccio sotto le coreografie folli e impreviste di un meraviglioso stormo nell’azzurro del cielo romano.